Per la prima volta la Consulta tratta il tema dell'eutanasia con una sentenza su cui i giudici dovranno esprimersi con urgenza, si spera entro la fine di luglio. In attesa della decisione che, qualunque essa sia, inciderà su scelte etiche e politiche, i magistrati costituzionalisti hanno ascoltato in udienza le ragioni di Libera, attraverso i suoi avvocati. La donna, una 55enne toscana, è affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata e mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale: ha ottenuto l'accesso al suicidio medicalmente assistito stabilito dalla sentenza del 2019, quella scaturita dal caso del dj Fabo, ma non è fisicamente in grado di assumere autonomamente il farmaco letale e per questo chiede il coinvolgimento diretto di un medico nella somministrazione del medicinale che la porterebbe alla morte.
"La Corte si è già espressa quattro volte negli ultimi sette anni sul tema del fine vita, in particolare sul suicidio assistito, ma oggi - spiega la segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo - per la prima volta il tema è stato quello dell'eutanasia e quindi del coinvolgimento diretto del medico. Se la Corte dovesse accogliere la questione di legittimità costituzionale, le persone malate che desiderano porre fine alle proprie sofferenze, ma che sono fisicamente impossibilitate all'auto-somministrazione del farmaco e per questo oggi discriminate, potrebbero accedere alla morte volontaria".
Libera (nome di fantasia scelto dalla stessa paziente per tutelare la sua privacy) è completamente paralizzata dal collo in giù, ha difficoltà nel deglutire e dipende dai suoi caregiver per tutte le attività quotidiane - spiega l'Associazione -. Ha rifiutato la sedazione profonda perché vuole essere lucida e cosciente fino alla fine. Per questo, assistita dai suoi legali, ha presentato un ricorso d'urgenza al tribunale di Firenze, con un'azione di accertamento, affinché autorizzi il medico di fiducia alla somministrazione del medicinale.
"Questo intervento diretto però oggi - chiarisce Gallo - integrerebbe il reato di omicidio del consenziente. Il 30 aprile scorso il tribunale di Firenze aveva quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale sull'articolo 579 del codice penale, che punisce con la reclusione fino a 15 anni 'chiunque cagiona la morte di un uomo col consenso di lui', senza ammettere eccezione alcuna, a differenza dell'attuale formulazione dell'articolo 580 che depenalizza l'aiuto al suicidio per persone nelle condizioni di Libera. Lei non chiede un diritto speciale, vuole semplicemente che la sua libertà di autodeterminarsi non venga annientata dalla propria condizione fisica. Tocca ora alla Corte, con gli stessi strumenti utilizzati per la sentenza su Dj Fabo, colmare un vuoto che produce una ingiustizia concreta in attesa di una buona legge che rispetti la libertà di scelta della persona", conclude la segretaria nazionale. Ora tutto è rimandato ai prossimi giorni, quando si capirà se la decisione della Corte costituzionale potrà arrivare già entro la fine del mese.
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