I fattori demografici influenzano i saldi di finanza pubblica e la sostenibilità del debito pubblico, generando ricadute che richiedono continui aggiornamenti. Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione alla Commissione d'inchiesta sulla transizione demografica, sottolineando che "detanalità e invecchiamento sono una delle principali problematiche" che l'Italia si trova ad affrontare proprio per le "implicazioni di lungo periodo sulla sostenibilità dei conti".
Contrastare questo cambiamento "è un obiettivo politico che il governo si è posto sin dal suo insediamento", ha aggiunto.
L'Italia invecchia e si spopola e il fenomeno è più grave nel Mezzogiorno, dove 3,4 milioni di abitanti potrebbero mancare all'appello entro il 2050 e 7,9 milioni entro il 2080. E' quanto emerge dai dati forniti da Giorgetti in audizione alla Commissione d'inchiesta sulla transizione demografica. Nel 2024, la fecondità è rimasta stabile al Centro rispetto all'anno precedente (1,12), mentre il Mezzogiorno e il Nord hanno sperimentato una contrazione; in particolare, il Mezzogiorno ha raggiunto un nuovo punto di minimo (1,20), mentre il Nord si attesta a 1,19, ha spiegato.
"La questione della denatalità presenta elementi di sovrapposizione con quella dello spopolamento territoriale", ha aggiunto. In conseguenza dei bassi tassi di natalità e fecondità le previsioni demografiche, come è stato ricordato, indicano un calo della popolazione residente tanto nel breve termine (-1,1 per mille in media annua fino al 2030), quanto nel medio (-3,3 per mille fino al 2050) e lungo termine (-5,8 per mille fino al 2080). Significative le differenze territoriali: nel breve termine si prevede infatti un lieve incremento di popolazione nel Nord Italia (+1,5 per mille annuo), un lieve calo al Centro (-0,9) e un più marcato decremento nel Mezzogiorno (-4,8). Nel medio e lungo periodo, il calo sarà generalizzato in tutte le ripartizioni territoriali, ma ben più sostenuto nelle regioni meridionali, ha specificato il ministro, dove la popolazione potrebbe calare di 3,4 milioni di abitanti entro il 2050 e di ben 7,9 milioni entro il 2080.
"Il fenomeno però non riguarda solo la dimensione macroregionale (Nord - Centro - Mezzogiorno), ma anche quella interna a tali macroaree, nel senso che gli scenari demografici indicano che il calo sarà più intenso nelle aree interne rispetto ai centri maggiori. I Comuni delle aree interne del Centro-Nord potrebbero, invece, andare incontro ad un aumento della popolazione. Sullo spopolamento nel Mezzogiorno e nelle aree interne hanno influito e influiscono diversi fattori, dal calo di fertilità e natalità, dal perdurare del fenomeno della mobilità interna, che continua ad essere di segno negativo soprattutto per Sud e Isole, con una perdita di popolazione nel biennio 2022-2023 a vantaggio del Centro-nord, pari a 129.000 residenti", ha proseguito il ministro.
"Lo spopolamento territoriale delle aree interne è drammatico. Quando mancano persone in età fertile e rimangono solo gli anziani non nasce più nessuno e intere comunità sono destinate a morire". Lo ha sottolineato Giorgetti rispondendo alle domande nel corso dell'audizione alla commissione d'inchiesta sulla transizione demografica. In generale quello demografico, ha detto Giorgetti concludendo l'audizione, è un tema che "tutta la classe politica ha presente, ma tende deliberatamente ad accantonare. Chiunque faccia politica non può non rendersi conto di quello che sta accadendo, ma per tutti sicuramente non è il primo tema, non è il primo, secondo terzo tema della propria attività e azione politica. Non essendo il primo tema per nessuno non viene trattato. Avete questa responsabilità - ha aggiunto rivolgendosi ai parlamentari della commissione - di richiamare la classe politica su un tema che riguarda tutti noi, sia chi governa oggi sia chi governerà tra 10-15-20 anni. E' un tema che riguarda l'intera comunità".
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