C'è un concorso di colpa tra Fares Bouzidi e il carabiniere, che era alla guida dell'ultima macchina inseguitrice, per quell'urto nella fase finale che portò alla "caduta" e allo "slittamento" dello scooter e così alla morte di Ramy Elgaml, che era in sella. Oltre alla guida pericolosa nella fuga dell'amico del 19enne, infatti, i pm di Milano nelle imputazioni per omicidio stradale per entrambi, riportate nell'avviso di chiusura indagini, mettono in luce anche la distanza "inidonea" tenuta dal militare, troppo vicino alla moto, e pure la "lunga durata dell'inseguimento". Così, a sorpresa rispetto a quelle che erano state le valutazioni del consulente degli stessi inquirenti, che sembravano portare verso una richiesta di archiviazione per il carabiniere, rischiano il processo ora tutti e due per quel fatto tragico che scatenò polemiche e pure disordini nel quartiere Corvetto, dove vive la famiglia di Ramy. Fu il padre con parole sagge a riportare tutti alla calma.
Nell'atto firmato dai pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano della Procura diretta da Marcello Viola, l'accusa di omicidio stradale per Fares ricostruisce quella lunga fuga nelle prime ore del 24 novembre, dopo essersi "sottratto all'intimazione dell'Alt", la corsa a velocità fino a 120 km/h, i tratti contromano. E quel tentativo finale in via Ripamonti di svoltare a sinistra in via Quaranta, "per poi effettuare una repentina e improvvisa manovra a destra", provocando così l'urto "dell'area posteriore destra" dello scooter "con la fascia anteriore del paraurti" dell'auto dei militari. E con il "conseguente slittamento" del mezzo "sul manto stradale" e la morte di Ramy finito contro il palo di un semaforo e poi investito dalla 'gazzella'. Il tutto con l'aggravante per il 23enne della guida senza patente. Allo stesso tempo, però, secondo i pm, il carabiniere guidava "ad una distanza estremamente ravvicinata", tanto che quando la moto sbandò a destra, dopo aver provato a girare a sinistra, lui "urtava con la fascia anteriore del paraurti" il T-Max, "provocandone così la caduta" e di conseguenza la morte del ragazzo. Il militare, per i pm, avrebbe violato le "regole di comune prudenza e diligenza comunque imposte" da un articolo del codice della strada "in occasione di servizi urgenti" delle forze dell'ordine. In particolare, avrebbe tenuto una distanza troppo ridotta, "sempre inferiore ad un 1,5 metri", anche a fronte di una velocità nel tratto finale di 55 km/h. E senza tenere conto, poi, della "lunga durata dell'inseguimento" di otto km (8 minuti in totale), che poteva "inficiare le capacità di concentrazione alla guida", e nemmeno della "natura del veicolo inseguito", uno scooter con due persone "a bordo", di cui una "senza casco". Il lavoro di Domenico Romaniello, ingegnere consulente dei pm, andava in senso totalmente diverso: aveva sostenuto che il militare si era trovato lo scooter in traiettoria, quando aveva deviato verso destra, aveva provato a frenare, ma a quel punto era stato impossibile evitare l'urto e lo schianto finale dei due mezzi verso il palo. E aveva puntato l'indice solo contro la "guida spregiudicata ed estremamente pericolosa" di Fares, di recente condannato per resistenza per quella fuga, scrivendo che si era "assunto il rischio delle conseguenze".
I consulenti della difesa di Fares, coi legali Debora Piazza e Marco Romagnoli, e della famiglia di Ramy, con l'avvocata Barbara Indovina, avevano fornito, però, ricostruzioni diverse, evidenziando quell'urto e anche le responsabilità dei carabinieri. I pm hanno valutato quelle controdeduzioni e poi ancora quelle successive del loro esperto e tutti gli atti dell'indagine. Infine, hanno seguito una linea diversa dalla relazione depositata a marzo. Resta ancora aperta, infine, la tranche di inchiesta che vede altri carabinieri indagati per depistaggio e favoreggiamento, perché in due avrebbero intimato ad un testimone di cancellare un video. La contestazione al carabiniere solleva la protesta di Fdi che giudica "inaccettabile" la richiesta di mandare a processo il militare. "Stupirebbe un suo rinvio a giudizio", dice Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito.
Pm: 'Carabiniere era troppo vicino allo scooter'
C'è un concorso di colpa di Fares Bouzidi e del carabiniere, che era alla guida dell'ultima macchina inseguitrice, per quell'urto nella fase finale dell'inseguimento, che portò alla "caduta" e allo "slittamento" dello scooter e così alla morte di Ramy Elgaml. Oltre alla guida pericolosa nella fuga dell'amico del 19enne, infatti, i pm di Milano nelle imputazioni per omicidio stradale dell'avviso di chiusura indagini mettono in luce anche la distanza "inidonea" tenuta dal militare, troppo vicino alla moto, e anche la "lunga durata dell'inseguimento".
Nell'avviso di chiusura indagini l'imputazione di omicidio stradale per Fares ricostruisce tutta la sua fuga, dopo essersi "sottratto all'intimazione dell'Alt", la corsa anche a velocità fino a 120 km/h, i tratti contromano e poi quel tentativo di svoltare a sinistra in via Quaranta "per poi effettuare una repentina e improvvisa manovra a destra", provocando così l'urto "dell'area posteriore destra" dello scooter "con la fascia anteriore del paraurti" dell'auto dei militari.
E con il "conseguente slittamento" del mezzo "sul manto stradale" e la morte di Ramy finito contro il palo di un semaforo e poi investito anche dalla macchina dei carabinieri. Il tutto con l'aggravante per il 23nne della guida senza patente. Allo stesso tempo, però, secondo i pm Serafini e Cirigliano, il carabiniere guidava "ad una distanza estremamente ravvicinata", tanto che quando la moto sbandò a destra, dopo aver provato a girare a sinistra, "urtava con la fascia anteriore del paraurti" il T-Max, "provocandone così la caduta" e di conseguenza la morte di Ramy. Il militare, per i pm, avrebbe violato le "regole di comune prudenza e diligenza comunque imposte" da un articolo del codice della strada "in occasione di servizi urgenti di istituto".
In particolare, teneva una distanza troppo ridotta, "sempre inferiore ad un 1,5 metri", anche a fronte di una velocità nel tratto finale di 55 km/h, senza tenere conto, poi, in sostanza, della "lunga durata dell'inseguimento" di 8 km (8 minuti in totale), atta ad "inficiare le capacità di concentrazione alla guida", e nemmeno della "natura del veicolo inseguito", uno scooter con due "a bordo", di cui uno "senza casco".
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